Missak Manouchian

(Adiyaman, 1 settembre 1906 - Fort Mont-Valérien, 21 febbraio 1944)

Oggi mi sento sereno e tranquillo, la giornata è illuminata da un bel sole e io sto per morire. La prima volta l’ho scampata, avevo otto anni e vivevo in Armenia. Quando i soldati turchi sono arrivati e hanno massacrato tutta la mia famiglia, io e mio fratello ci siamo nascosti nella stalla e poi da lì abbiamo iniziato a correre forte in mezzo ai campi di grano. Sono diventato un orfano in un altro paese non lontano da casa ma tutto un altro mondo. Lì in Siria ho imparato il francese e letto quel grand’uomo di Victor Hugo, i suoi Miserabili mi ricordavano le mie miserie ma non ero ancora a Parigi. E’ strano e rassicurante allo stesso tempo, sapere il momento preciso della propria morte. Sarà per oggi 21 febbraio 1944 alle 15, quarto anno di occupazione, quarto di collaborazione della Francia del Maresciallo con la Germania del Caporale. Diciannove anni da che sono in Francia, terra di esuli e profughi come me, terra d’asilo e di accoglienza, le pays du droits de l’homme et du citoyen. Saremo fucilati tutti, io assieme agli altri 21 miei compagni e amici. Noi stranieri, comunisti, ebrei, immigrati, nemici eppure francesi. Francesi per scelta, francesi per diritto, francesi per lotta. Siamo diventati partigiani che non ne potevano più di veder i nazisti farsi fotografare sorridenti sotto la Torre Eiffel. Partigiani, donne e uomini contro il razzismo di Hitler. Contro i collaboratori francesi. Alla fine ci hanno preso tutti. Tanti pesciolini caduti nelle reti tessute da spie, traditori e poliziotti. Ci hanno sbattuti con quel manifesto rosso sangue sui muri di Parigi definendoci criminali e banditi al soldo dello straniero. Le nostre facce, i nostri occhi stravolti dopo giorni di carcere e torture, i nostri nomi così poco francesi a difendere la loro idea del complotto straniero. Manouchian – armeno – capo banda, scritto sotto la mia foto. Ora siamo qui e aspettiamo di morire. Per la Francia. Sono sereno e tranquillo e mi sento di poter augurare gioia e felicità a voi che gusterete davvero la libertà. Ci sono solo alcune cose che mi fanno tremare di nostalgia adesso che lascio questa vita. La certezza dell’abbraccio di mia moglie, il sorriso di un figlio che non avrò, i passi a piedi nudi nell’erba bagnata del mattino al bois. Mi raccomando a voi alla fine, abbiate cura di questa Storia, abbiate cura di questo mondo, non dimenticateci.

A.F.