Laura Polizzi “Mirka”

(Parma, 30 settembre 1924 - 22 gennaio 2011)

Ho capito che avremmo vinto quando ho visto disfare il primo materasso per recuperare la lana e trasformarla in un maglione per un partigiano. In quella casa fredda, tra donne che non conoscevo. Ho capito che era solo questione di tempo e che quelle dita non si sarebbero fermate mai più. Sono Polizzi Laura di Secondo. Tutti però mi conoscono come Mirka. Partigiana combattente. Gli occhi che guardate sono i miei, ma vorrei che in loro poteste rivedere gli occhi di quella donna o di Kira, di Bianca, di Volontà o di Lia. E di tutte quelle di cui non ricordo il nome. Eravamo così tante che i miei occhi forse non bastano. Eppure guardateli, perché dopo i maglioni sono venuti i guanti e dopo i guanti il cibo e dopo il cibo il rifugio durante i rastrellamenti. La guerra non si vince solo con le armi. I tedeschi ed i fascisti lo sapevano bene. Ma c’era qualcosa di più forte del loro terrore e tutti sappiamo come è finita. Noi non ci siamo fermate ai guanti. Abbiamo combattuto con le armi. E pensate che ancora qualcuno si stupisce. Come quel colonnello quando si è visto davanti una commessa che gli chiedeva di consegnare le armi agli antifascisti. Quella commessa ero io. Avevo 19 anni e il giorno prima ero salita sul monumento di Garibaldi a Parma per invitare le ragazze e i giovani alla lotta armata. Era l’8 settembre del ’43 e noi avevamo capito subito che la guerra non era per niente finita. Non ci poteva essere pace con i tedeschi e i fascisti nelle nostre città. Noi volevamo la libertà. Mica la sognavamo. La volevamo e basta. Con ogni mezzo necessario. E ci siamo riuscite. E se ci sarà sempre qualche uomo che si stupirà, noi sappiamo che troverà sempre una Kira, una Bianca o una Mirka sulla sua strada. Quelle dita non si sono davvero mai fermate.