Jerry Essan Masslo

(Umtata, 1959 – Villa Literno, 25 agosto 1989)

Mi chiamo Jerry. Ero un negro. E’ la prima cosa che mi hanno insegnato nel Paese dove sono nato. Non era facile vivere in Sudafrica sotto l’Apartheid. La seconda cosa che mi hanno insegnato è che non bisogna piegarsi mai. Per questo ho studiato e non mi sono mai fermato. Non mi ha fermato la sparizione di mio padre dopo un arresto. Non mi ha fermato la morte di mia figlia, uccisa da una pallottola vagante. Non mi hanno fermato.

Sono partito e sono finito a Roma in Italia. La famiglia era in salvo in Zambia. Io in un Paese che conoscevo solo dai libri. La lezione, però, l’avevo imparata bene. Anche in Italia ero un negro. Niente asilo politico, ma potevo raccogliere pomodori. A Villa Literno, vicino a Napoli. Lavorare come schiavi e vivere come animali. 1000 lire a cassetta, la gente che faceva finta di nulla, sfruttati senza difese. Per me nessuna novità.

Ma la lezione non si dimentica: non mi sono mai piegato. Quindi studiavo la chitarra, leggevo le Scritture, mi battevo per i miei diritti. Costruivo il mio futuro. Per farlo, però, ci vogliono i soldi. Quindi ancora pomodori. Ancora Villa Literno. Ancora razzismo, soprusi, raccolte di firme contro di noi. Sempre la stessa storia. Nessuna novità. Ero un negro ed è stato facile uccidermi. Perché in mezzo ai vostri pomodori, io ci sono morto. Ammazzato. Sono stato il primo in Italia.

Era il 1989. Ma la lista non si è fermata. Non si sono fermati i pomodori, non si sono fermate le raccolte di firme. Ricordatemi per quello che ero: un negro libero che non si piegava mai.