Lazzaro Padoa

(Reggio Emilia 1915 - 1991)

Stelle e funghi sono tra le mie passioni. L’alto e il basso. L’infinito ed il particolare. Il gusto per la precisione, come nelle traduzioni di greco e latino. Lo stupore della bellezza, lo stesso che ti colpisce quando aiuti i giovani a crescere. Tutti tentativi per gustarsi con meticolosa attenzione ogni momento che il caso ed una brava donna di Costabona mi hanno permesso di continuare a vivere.

Sono un ebreo. Un sopravvissuto. Mio padre è morto mentre vedevo Villa Minozzo bruciare. Io ero nascosto in un bosco come tante altre volte. I miei amici non sono più tornati e con loro non sono più tornati i nostri sogni. Dopo la guerra non si incontravano più ebrei in città. Nè a Reggio, nè a Scandiano.

Solo io con la mia bicicletta e la mia borsa di pelle piena di libri e di compiti in classe. Per 25 anni al Liceo Classico. Ogni giorno era un giorno rubato al destino. Per questo ho deciso di spendere il resto della mia vita ad educare i ragazzi. Solo la cultura ci può salvare dalla violenza cieca.

L’ho sempre pensato e me lo ripetevo, quando correvo tra gli alberi, cercando nel buio più profondo un asilo sicuro. Pensavo anche a quella paura che era troppo grande per il mio piccolo cuore. Invece eccomi qui a seminare speranza, curare ogni singola foglia, proteggerla. E’ un lavoro lento. Quotidiano. Non ho mai sprecato nemmeno un istante.